Recensione: A due anni e mezzo di distanza da “Feretri”, tornano in scena i genovesi Abysmal Grief. La band, attiva dal 1996, è da annoverare tra le più significative realtà di quel panorama “dark-doom” tutto italiano, che affonda le sue radici in acts storici quali Death SS e nelle sperimentazioni dell’eclettico Paul Chain.
Maturati in seguito dei tratti distintivi, gli Abysmal Grief sono stati autori di una discografia sempre stabile su buoni livelli. “Strange Rites Of Evil” si conferma ulteriore tassello di un percorso musicale e lirico interessante, dove il doom in vesti occulte si accompagna a dei testi misteriosi ed orrorifici.
Il quarto studio album è presentato come più diretto e meno atmosferico rispetto a “Feretri”, definizione rispondente in buona parte al vero. Non per questo “Strange Rites Of Evil” è scevro da melodie ficcanti o ritrovati per così dire “sinfonici” efficaci, solo questi sono più diluiti e l’album scorre in effetti graffiante, per quanto il trademark della band sia perfettamente riconoscibile.
Sei lunghi pezzi dove appaiono fondamentali al sound le vocals di Labes C. Necrothytus, spesso narranti e quasi salmodiate ma talvolta nei territori del growl, i suoi profondi passaggi di tastiera e i riff anthemici di Regen Graves, autore anche di taglienti assoli che ammiccano a un robusto heavy classico. E’ così che “Nomen Omen” apre le danze macabre con il suo incedere lugubre e funereo, retta da melodie ficcanti e misteriose che assicurano un brivido sulla schiena. Il riscontro emozionale sembra essere continuamente cercato dal gruppo, come notiamo nell’inquietante titletrack, dove la voce diventa profonda e teatrale e sopratttutto in “Cemetery”, pezzo noir introdotto da tastiere diaboliche e con un forte groove metallico. |