HOME
Artista: GATHERING
Genere: GOTHIC METAL
Formato: CD
Recensione: Molti attendevano con ansia una recensione sul nuovo album dei The Gathering: saranno proseguiti sulle sonorità trip-hop o le avranno accantonate per dedicarsi ad un lavoro maggiormente acustico, come nel live Sleepy Buildings? Avranno, improbabile, rinnegato tutta la loro evoluzione per tornare sul Gothic/Doom Metal delle origini o saranno cambiati ancora? La risposta alla prima domanda è che gli elementi di quel genere da loro chiamato “trip-rock” sono diminuiti, ma ancora presenti e che la serata semi-acustica, per quanto riuscitissima, non ha influito troppo sul nuovo album; molti speravano che i nuovi The Gathering continuassero esclusivamente su quelle coordinate, adducendo come motivo il fatto che le atmosfere trip-hop, per quanto potessero aver dato vita a buoni lavori, avevano smorzato la carica emotiva e passionale della band.
La risposta alla seconda domanda invece è che c’è stato un ulteriore passo in avanti degli olandesi, che proseguono imperterriti nel loro cammino infischiandosene delle critiche sia degli interessati al genere scettici con i loro album, sia dei chiusi fan metallari che non accettano il nuovo periodo.
Questa evoluzione gettò le sue radici nello storico How to Measure a Planet che, pur mantenendo cenni schitarrati del passato precedente, combinava una varia effettistica ad un Gothic Rock ispirato e nostalgico.
Sul successivo, controverso If / Then / Else si mantenevano e diversificavano i due valori, il lato più sperimentale del loro Gothic Rock al contempo unito a varie distorsioni lente e pesanti.
Ma la vera svolta venne con Souvenirs: di Metal ormai non ce n’era più traccia, e molti si chiesero se si trattasse di una parentesi o del futuro della band.
Nel 2006 si ha la risposta.
Davvero notevole questo Home, un album ottimo in ogni sua parte, soprattutto per l’espansione della melodia senza sminuire il lato più intimista e quello più psichedelico.
La base è derivata da quanto proposto con Souvenirs, ma i The Gathering si evolvono di nuovo, mutano ancora il loro suono, reinterpretano ulteriormente la lezione impartita da nomi come Radiohead, Pink Floyd, Talk Talk, Massive Attack, Dead Can Dance o Tori Amos, aggiungendoci sempre del loro e dando alla luce un’opera personalissima, singolare e dall’anima profonda e dalle mille sfaccettature.
Il loro Rock continua ad essere saldo e consolidato nel loro stile ma ciò che lo rende più fuori dagli schemi e alternativo aumenta la sua presenza: e lo stile del gruppo, pur non rivoluzionando tutta la scena, si mantiene fresco e vitale; e in questo la nuova bassista Marjolein Kooijman si integra quasi alla perfezione con Hans Rutten mantenendo un impianto ritmico solido e resistente (quasi perché il basso tende a farsi coprire ogni tanto).
Non sarebbe tutto però se non ci fosse la capacità compositiva del chitarrista René Rutten, oltre che del tastierista Boeijen, che con il loro genio riescono a ricreare atmosfere evocative, densi scenari su cui si adagia la voce di Anneke, ma anche brani più melodici e tirati interpretati da lei con una prestazione promossa a pieni voti.
Sì, perché la voce di Anneke è limpida e chiara come non mai, nonostante siano passati tanti anni dalla giovinezza degli esordi si mantiene candida come quella di una dolce bambina dalle corde vocali di un angelo; forse è un effetto collaterale della sua recente maternità.
Da un punto di vista tecnico tende ad utilizzare un canto a “mezza-voce”, entrando in acuti cantati leggermente, quasi sottovoce, e con una delicatezza incredibile.
Anche se cantare in questa maniera e ai livelli di Anneke è molto difficile, d’altra parte sono ormai rarissime le occasioni in cui prende di petto le canzoni (Alone) e questo potrebbe portare i suoi fan di lunga data a storcere un po’ il naso per questa mancanza.
È comunque anche grazie a lei che la musica dei The Gathering può esprimersi al massimo.
La nota più gradevole di Home è la sua grande melodicità, caratteristica consueta degli olandesi ma qui ancora più in rilievo.
Una melodicità presente ovunque, senza tuttavia nascondere lo spirito malinconico e le atmosfere oscure che compongono l’album.
L’eccezione può venir rappresentata dall’apertura dell’album, più vivace e spensierata del solito: e così l’iniziale Shortest Day, che venne già rilasciata come singolo scaricabile gratuitamente online, dopo un riff psichedelico sfocia in una sezione ritmica sicura nella sua esecuzione e in un canto timido ma deciso e, soprattutto, estremamente orecchiabile.
I successivi melodiosi vocalizzi sono il culmine della cristallinità e del timbro innocente di Anneke, in una canzone gradevole pur nella sua semplicità.
Anche In Between (che si sarebbe dovuta chiamare Zyon) è una canzone dalla concezione molto più orecchiabile del solito, ma più progressiva (addirittura si arrivano ad accennare tempi dispari di esecuzione).
Ed il cardine è sempre il chorus dove Anneke mostra tutta la sua versatilità vocale e fa capire che questo è solo un assaggio di quel che dimostra per tutto l’album.
Ad ogni modo è con la terza canzone si comincia a fare sul serio quanto a tappeti di effetti oscuri e strumentazioni malinconiche: Alone è decisamente meno spensierata di Shortest Day, e probabilmente rappresenta il vero inizio dell’album (ma volendo possiamo pure includere In Between).
In ogni caso, non viene meno la grande melodicità che si manifesta ancora di più in Waking Hour, nei duetti fra Anneke e il pianoforte di Frank Boeijen e i tenui, cullanti arpeggi semi-acustici.
Breve parentesi trip-hop con Fatigue e si passa ad A Noise Severe, dove suoni che rievocano un folklore retrò si congiungono a lenti e massicci riff distorti di sottofondo e ad atmosfere post-rock; quasi una suite con i suoi sei minuti, per compensare il poco più di un minuto e mezzo del brano precedente.
Forgotten è il brano più denso d’emozioni fino a questo momento, composta soltanto da un timido pianoforte che costruisce tutta la melodia del brano e dal cantare dolcemente di Anneke.
Verrà ripresa più tardi, ma intanto due voci recitano in spagnolo alcune frasi che portano a Solace, un brano strano, immersa in effetti allucinogeni di chitarra, ritmi quasi marziali sostenuti dalla batteria e dalle ultime corde in muting della chitarra elettrica e dalle voci in diverse lingue straniere che emergono ogni tanto leggendo freddamente delle frasi simili un po’ ad enunciati.
Una sovraincisione vocale introduce invece Your Troubles are Over, più incalzante, molto orecchiabile ed eterea, ma anche con quel filo di malinconia nascosto sotto la coperta di note che la reggono.
Gli effetti in chiusura, con un lento battito in lontananza, sfociano nella sognante Box, timidamente suonata da leggere chitarre appena-appena distorte e da un pianoforte coperto, fino alla tradizionale effettistica trip in chiusura.
La breve The Quiet One è un brano acustico di Rock cupo, che a tratti ricorda i Lacrimosa nei momenti in cui suonano brani simili, ma con senza le imponenti strumentazioni di contorno (al loro posto alcuni effetti più celestiali), e con Anneke che intona solamente dei fraseggi con la sua dolce voce al posto del canto più sofferto e classicheggiante dei Lacrimosa.
La lunga, stupenda Home è un denso viaggio fra distorsioni psichedeliche ed effetti trip-hop sullo scenario sottostante.
Le melodie si propongono e ripropongono lente e nostalgiche, ma la suggestività creata dall’eterea tastiera di sottofondo, con i suoi tappeti atmosferici, completa veramente il cerchio.
Dopodiché un breve minuto di silenzio, prima che inizi Forgotten Reprise che è per l’appunto la riproposizione di Forgotten prima accennata: lo stesso giro di pianoforte, questa volta campionato in tastiera elettronica, insieme agli effetti particolari inseriti nel brano, la rendono la più atmosferica e sognante di tutti.
Soprattutto dopo che Anneke smette di cantare intorno al minuto, lasciando scorrere il brano fino a quasi otto minuti che così come possono sembrare ripetitivi, possono anche essere troppo pochi: forse è la campana in lontananza, che stimola anche un certo senso di serenità, o il breve pianto di un neonato accennato sporadicamente, che a sua volta richiama le sensazioni che si provano nel vedere un bambino appena nato che naturalmente piange.
Ma la dissolvenza che lentamente sopravanza a partire dai cinque minuti di brano anticipa che l’ora intera che occupa l’album è ormai giunta al termine, senza lasciare nulla di incompiuto.
Non c’è affatto delusione o amarezza alla fine di quest’album, i The Gathering si perfezionano ulteriormente e mostrano tutta la loro classe e il loro genio in Home.
Melodia, malinconia, umori ora più tristi ora più leggeri, tappeti di tastiera psichedelica, sperimentalismo compositivo, atmosfere oniriche o celestiali, un certo sentimentalismo lirico e tanto altro ancora: ingredienti amalgamati con raffinatezza in uno scenario molto significativo, un album soft molto intrigante ed originale dove ogni brano è una perla che brilla di luce propria, e con quel pizzico di eclettismo nell’album condisce il tutto.
Prezzo: 18.9 €